IL TRIBUNALE

    All'esito    dell'istruttoria   dibattimentale   questo   giudice
provvedeva ad ammettere su sollecitazione del p.m. ex art. 507 c.p.p.
i  testi  indicati  a verbale, all'odierna udienza la difesa del sig.
Davide   Vianello   eccepiva  l'illegittimita'  costituzionale  degli
artt. 507  c.p.p. e 151 disp. att. c.p.p. in riferimento all'art. 111
Cost.  net  testo  modificato  dalla legge cost. n. 2 del 21 novembre
1999.
    Esaminata l'eccezione di legittimita' costituzionale sollevata,

                            O s s e r v a

    Con la sentenza Cass. SS.UU. 6 novembre 1992, si e' consentito di
superare   il  regime  delle  decadenze  processuali,  assumendo  non
soltanto  prove «nuove» in quanto sopravvenute, ma anche prove che le
parti  avrebbero  potuto  dedurre nei termini prescritti dall'art 468
c.p.p.  e  non  hanno dedotto, con cio' consentendo l'introduzione di
ulteriori prove anche decisive nella fase finale del dibattimento, in
conflitto   col   diritto   ad   un  contraddittorio  paritario,  ora
costituzionalizzato.  Cosi'  come  nel  caso  in  cui una delle parti
solleciti al giudice l'assunzione ex art. 507 c.p.p. di una prova che
qualifica   decisiva,   al   fine  di  «riequilibrare»  l'istruttoria
dibattimentale  e  ricercare  la  verita':  di fronte ad un eventuale
diniego,   la   parte  non  potrebbe  attivare  alcun  meccanismo  di
controllo,  posto  che  l'art. 606 lett. d) c.p.p. riserva il ricorso
per  cassazione  per mancata assunzione di una prova decisiva al caso
in  cui «la parte ne ha fatto richiesta a norma dell'art. 495 comma 2
c.p.p.».
    Quanto  al  principio  di effettivita' del diritto di difesa, con
particolare  riguardo alla puntualizzazione contenuta nel terzo comma
dell'art. 111 Cost., che afferma il diritto dell'imputato a «ottenere
la  convocazione  e l'interrogatorio di persone a sua difesa»; non e'
previsto,  infatti,  il diritto delle parti di dedurre nuove prove, a
prove  contrarie,  in  relazione a quelle disposte dal giudice con la
propria  ordinanza, a cio' non supplendo il tentativo della pronuncia
della  Cassazione  a  SS.UU. con la quale si e' cercato di colmare la
lacuna normativa affermando che «all'ammissione di una nuova prova ai
sensi  dell'art. 507  c.p.p.  il giudice non potrebbe non far seguire
l'ammissione  anche  delle  eventuali prove contrarie». Infatti, cio'
contrasta con le indicazioni testuali contenute nel c.p.p. in quanto,
data   l'assenza   di   qualunque   previsione   espressa,  solo  una
interpretazione  estensiva  degli  artt. 493  e  495  c.p.p. parrebbe
astrattamente autorizzare le conclusioni della Cassazione.
      Ma,  invero, l'art. 493 comma 2 c.p.p. limita l'acquisizione di
prove  non comprese nella lista prevista dall'art. 468 c.p.p. al solo
caso  in  cui la parte che le richiede «dimostra di non averle potuto
indicarle tempestivamente» e tale impossibilita' sembra difficilmente
ravvisabile   nel   caso   in   cui   l'esigenza   emerga  a  seguito
dell'intervento  giudiziale  ex art. 507 c.p.p. Senza dimenticare che
contro  l'applicabilita'  dell'art. 495  va,  invece, un argomento di
natura  sistematica,  considerato  che  la  norma si colloca nel capo
dedicato  agli  «atti  introduttivi»  e  riguarda  i provvedimenti in
ordine  alla  prova  assunti  dal  giudice  nella  fase  che  precede
l'istruttoria  dibattimentale  e  non  nel ben diverso caso in cui le
esigenze   istruttorie   si   pongano   al  termine  dell'istruttoria
dibattimentate.  Oltre  a  cio',  l'art. 495 c.p.p. autorizza la sola
indicazione «di prove a discarico sui fatti costituenti oggetto delle
prove  a  carico»:  cio'  potrebbe risultare in concreto impossibile,
considerato  che,  l'ordinanza  emessa  ex  art. 507  c.p.p. non deve
necessariamente  e  compiutamente  indicare  i temi di prova e, tanto
meno,  a  favore  o  contro  quale  tesi siano dirette le nuove prove
disposte  dal  giudice.  Con cio' potendosi arrivare alla conclusione
che  la  vigente  normativa  processuale,  e  sicuramente  l'art. 507
c.p.p.,  non  consentono alle parti di dedurre nuove prove sulla base
dell'ordinanza di integrazione istruttoria emessa dal giudice. Da qui
l'evidenziato contrasto coi principi costituzionali.
    Peraltro,  se  anche  si  potesse  ritenere che il codice di rito
consenta   nuove   richieste   istruttorie   delle   parti   in  base
all'ordinanza   assunta   ex   art. 507   c.p.p.,   il  principio  di
effettivita'  del  diritto  di  difesa  sarebbe  comunque violato, in
quanto  pur  prescrivendo  l'art. 111  comma  3  Cost. che la persona
accusata   di  un  reato  «disponga  del  tempo  e  delle  condizioni
necessarie  per  preparare  la  sua difesa», nessuna norma prevede la
concessione  di un congruo termine a difesa nel caso in cui il quadro
istruttorio   venga   modificato,  anche  in  modo  assai  rilevante,
dall'attivita'   del   giudice.  Inoltre,  ancorche'  necessariamente
motivata  secondo  quanto  previsto  dall'art. 125  comma  3  c.p.p.,
l'ordinanza  del  giudice non indica i temi o le circostanze di prova
sulle   quali   vertono   i   nuovi   mezzi  istruttori,  limitandosi
generalmente  a dare contezza dell'assoluta necessita' di assumere le
nuove   prove.   Mancando   tale   indispensabile   indicazione,   la
possibilita'  di  esercitare  correttamente  il diritto di difesa sub
specie di diritto alla prova contraria, resta mera astrazione.
    Il  comma  2  dell'art. 151 disp.att.ne c.p.p., invece, confligge
con  il  principio di terzieta' ed imparzialita' del giudice il quale
prevede  che,  quando  e'  stato  disposto  d'ufficio  l'esame di una
persona,   il   presidente   vi   provvede  direttamente  stabilendo,
all'esito, la parte che deve condurre l'esame diretto.
    In  materia  di  esame  testimoniale  l'art. 499  c.p.p.  riserva
l'esame  diretto  alla  parte che ha richiesto la citazione del teste
ovvero  a quella che ha un interesse comune, con questo sottolineando
che  il  criterio  seguito dal legislatore per disciplinare le regole
dell'esame  e'  quello  del  presumibile  vantaggio che la persona da
esaminare   puo'  arrecare  alle  tesi  di  chi  ne  chieda  l'esame.
Correlativamente,  il  controesame  del teste, con la possibilita' di
proporre   domande   suggestive  volte  a  saggiare  l'attendibilita'
dell'esaminato,  viene  riservato alla parte contro la quale il teste
e' stato introdotto.
    Ora,  mentre gli artt. 498 e 499 c.p.p. individuano un meccanismo
predeterminato  per  legge  basato sulle indicazioni delle parti, nel
caso  dell'art. 151 comma 2 disp. att. c.p.p., il giudice e' chiamato
ad effettuare una valutazione, dopo che il teste ha deposto e proprio
al  fine di individuare chi dovra' interrogarlo per primo e con quali
modalita'.  Questa vatutazione significa valutare la prova e decidere
a  quale tesi essa arrechi giovamento o danno, ne discende l'evidente
violazione  del  principio  di terzieta' ed imparzialita' del giudice
che,   anche  in  questo  caso,  non  puo'  essere  superata  in  via
interpretativa.
    Si  ritiene,  pertanto  che  la  non manifesta infondatezza della
questione proposta.
    Altresi' pare rilevante la questione, ai fini della decisione del
presente  giudizio,  dato  che  il  giudice con l'ordinanza emessa ai
sensi   dell'art. 507   c.p.p.,  ha  ammesso  prove  che  sicuramente
avrebbero  potuto  essere tempestivamente dedotte dall'accusa o dalla
parte  civile  costituita  ed  in  questa  fase  si  dovrebbero, poi,
collocare  le  richieste di nuove prove da parte della difesa, per le
quali,  per le ragioni sopra esposte, dovrebbe essere concesso idoneo
termine  difesa e indicati nell'ordinanza ex art. 507 c.p.p. i temi e
le  circostanze  sulle  quali vengono assunte le nuove prove: cio' al
fine di garantire l'effettivita' del diritto di difesa.
    Il  giudice,  infine,  si troverebbe a dover applicare l'art. 151
disp.   att.   c.p.p.,  anticipando  una  valutazione  sul  materiale
istruttorio  raccolto  e  sacrificando,  in  questo  modo, la propria
imparzialita' e terzieta'.
    Visti gli artt. 134, Cost. e l'art. 23 della legge 11 marzo 1953,
n. 87.